lunedì 22 settembre 2014

Un sorriso, anzi due. Per Isabel. I miei giorni di freddo a 42 anni.

Ché ci sono libri che non sanno attendere.
Niente da fare... Urlano il tuo nome da tiratori scelti.
Tabucchi: il primo postumo.
Che poi c'è nuovamente, Tadeus - il mio Tadeus, per la miseria...
E c'è Isabel. E c'è un mandala.
Ed un amore ch'è giorni di vita e morte.
E io ho corso lontano, per mesi, per scamparlo, con gli indici infilati negli orecchi, a guisa di turaccioli. Terrorizzata.


Tabucchi, ancora.

L'ultimo, probabilmente.
Null'altro, dopo. Il solo guardare la copertina mi sfrangia in un dolore aguzzo.

E che non fossi pronta, era una certezza. Perché, a volte, il tempo le cura, le ferite. Altre no. Altre passano anni e il dolore è sempre lì a cielo aperto. Se poi è dolore. O amore.O cos'altro.
Sono passati due mesi dall'ultima pagina. Chiuso. Riconsegnato in biblioteca in tutta fretta.

Che non ci voglio nemmeno pensare, a questo libro.
Che a volte la letteratura sembra uno scherzo sadico.
Che poi arriva comunque il momento in cui lo devi disegnare, il tuo, di mandala. E tracci cerchi uno dentro l'altro ma non ti trovi.
Perché hai giorni di preoccupazioni, alle spalle e di nuovi, sotto i prossimi passi. Di attese col fiato corto.

E ti basta uno spiraglio di luce. Anzi, due.
Una luce che è un sorriso tra nuvole tese. Di barbiglio che abbaglia, tra nembi tetri.
Forse è proprio Tadeus, a sorridere, Sirio, dal Cane Maggiore: faro delle notti invernali, stella polare, bussola per una vita: la tua...
E ti lasci scaldare il cuore, quello sì..
E nulla varia, attendendo esiti, pensieri stipati tra le tempie, fronte corrugata, ma... cuore al caldo.

Poi, per un niente fugace,  ti senti pronto. Impugni lo stecco e tracci nella sabbia l'ieri e l'oggi e il domani che è comunque un oggi e un ieri, per certi versi, che qualcosa di immoto, nella tua vita, c'è.
Sempre.

E ti accorgi che è sempre un cerchio.
E il centro è sempre quello.
E la distanza da esso. Immutabile. Ieri, come oggi. E così sarà domani. Anche a percorrerla cent'anni ancora, la medesima circonferenza, la medesima vita.

E aspetti che sia il vento a cancellare, il tempo e il vento, come se non così?
Che la sabbia muta, nell'attesa del cerchio che disegnerai domani, medesimo. Perfetto.
E imprimi fotografie nella memoria, fotografie senza il tuo volto, cerchi sopra cerchi nella sabbia.
Che altro non hai. Che sono il tuo ieri. E il domani.

E segui il rincorrersi dei riflessi, ubriaco, smanioso di confondere realtà, finzione, gioco, magia, sogno.
Negli occhi, nella carne... alla ricerca di Isabel. Alla ricerca di Tadeus-Sirio, con la sua luce... azzurra.

E chissà, se ci sarà anche per te, un cenno, alla fine: uno svolazzare di sciarpa bianca, prima del saluto, così, al centro dei cerchi, nell'ora e l'allora...

Tanto per capire ciò che è rimasto in sospeso.

Semplicemente per capire:
"Perché?"

N.B.
Credo nessuno ci caverà un ragno dal buco. Molti mi riterranno visionaria.
Il fatto è che ho amato questo libro, con cuore e testa, come deve essere, come mi è successo con pochissimi altri (direi due...). Ci ho sofferto e pianto.
Ne vengono concetti sconnessi, per necessità.
Non temete, non troppo...

E poi oggi è il mio compleanno: giorno di somme da tirare, in qualche modo, auspicando, sempre,
risultati diversi...

1 commento:

  1. in questa fotografia ....ti riconosco
    ricordo la bambina che eri...
    ciao

    RispondiElimina

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